Marcella Mencherini Arte e Volo


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DINAMISMO AEREO TRA CIELO E TERRA - Lugi Tallarico


La poetica di Marcella Mencherini, come si rileva dalle opere in esposizione, sollecita il convincimento di una continuità-attualità con il linguaggio aeropittorico di matrice futurista e che trova il suo fondamento nella interazione di struttura e spazio. Invero l'oggetto non rivela soltanto l'appiombo materico, ma in virtù del dinamismo plastico, teorizzato da Boccioni, aspira alla dinamica lirica e spaziale. Da qui l'aspirazione dei pittori futuristi di imprimere alla forma plastica una forza motrice in grado di trasformare la materia, attraverso l'anelito ascensionale, nell'imponderabile leggerezza aerea.

Dopo il lancio del manifesto dell' aeropittura, Marinetti ribadiva che "aeropittori e aeropoeti salgono sempre più per insegnare ad amare dall'alto in basso quel sorprendente fastoso e multiforme popolo di nuvole che Leopardi-Baudelaire ci avevano insegnato ad amare dal basso in alto, malinconicamente". Senonché non tutti i pittori futuristi, prima e dopo il 1929, dimostreranno di "amare" la prospettiva aerea vista soltanto dall'alto in basso, d'altra parte Marinetti nel manifesto aeropittorico aveva indicato le diverse tendenze, a cui i futuristi si sarebbero potuti uniformare, a seconda della propria esperienza e visione artistica.
E se pertanto Dottori si era orientato già prima del 1929 verso una delle quattro tendenze, ossia in quella "trasfiguratrice e lirica", vista dal basso verso l'alto, Crali invece, con il suo "Tuffo sulla città", realizzerà la discesa sull'agglomerato urbano, cioè dall'alto verso il basso, in termini decisamente dinamici. E atteso che le altre due tendenze teorizzavano la ricerca ascensionale "mistica e simbolica" (Fillia), nonché quella "stratosferica, cosmica e biochinta" (Prampolini), è da rilevare che Marcella Mencherini ha manifestato una propria tendenza, unificando gli elementi ascensionali e discensionali in una simultaneità sia cosmica che terrestre, sia aerea che urbana, soprattutto con una tensione di ordine purista e spirituale. Ma va sottolineato che il risultato espressivo non è teso a sublimare la realtà con l'estetica, dal momento che per Marcella Mencherini la figura - mito del velivolo - angelo volante- non cessa di essere un mezzo meccanico, ma è in grado di confermare, attesa anche la sua minuziosa catalogazione tipologica, che lo strumento tecnologico è al servizio dell'ardire umano, per il conseguimento dei primati che l'aeronautica italiana conseguirà nelle competizioni in pace e in guerra. Del resto l'accurata dimostrazione della conoscenza dei velivoli da parte dell'artista, che avrebbe potuto rappresentarli privi dei dettagli attesa la destinazione dinamica del volo, conferma l'interesse riservato all'idrovolante S 55 X perché legato alla trasvolata atlantica di Italo Balbo, nonché ai Savoia Marchetti e ai Caproni che hanno conseguito quei primati aerei che sono il vanto dell'Italia. Sicché prima che Mencherini affronti i punti focali, policentrici dello spazio, guarda al protagonismo del velivolo nella sua specifica gamma e destinazione, identificando perfino i luoghi e i personaggi che hanno realizzato i più noti raid aerei. Diceva Paolo di Tarso, "ciò che è visto non è oggetto di speranza" e perciò di aspettazione di una nuova prospettiva (è storia, non fede), mentre ciò che sentiamo e non vediamo, ma che intendiamo approfondire, rafforza in noi "la speranza di attenderlo con perseveranza", perché è fede, non storia. Nella specie, trattandosi dello spazio cosmico inconosciuto, l'artista libera la sua fantasia nei cieli sconfinati e per attenderli scompone lo spazio in cerchi concentrici, in cui le spirali richiamano l'azione vorticosa delle eliche, identificando le assonanze boccioniane del dinamismo plastico: conciliazione di struttura e spazio.
Solo ora, intorno all'aereo protagonista, centauro sospeso nell'aria, le linee-forza vitalizzano l'atmosfera e movimentano lo spazio in tante partiture cromatiche astratto - concrete e che confermano la continuità tra la terra e il cielo, tra il visto e l'immaginato. Si realizza così quella "speranza", che è atto di rilevanza soggettiva dell'artista e che unificando fede e storia riduce ad unum le tendenze programmate sia del "basso - verso - l'alto" e dell'"alto - verso il basso", che della velocità terrestre rispetto a quella aerea. L'impiego di nuove prospettive aumenta la tensione dell'insieme. Pertanto le distorsioni visive indotte dal volo e che nell'esperienza aeropittorica capovolgono la linea orizzontale terrestre (diceva Marinetti che "la velocità terrestre impegna l'occhio sulla continuità orizzontale del piano su cui si corre"), vengono superate dall'artista attraverso la polverizzazione del tempo e dello spazio, per cui la "fulminea constatazione - si legge nel manifesto - che la terra corre velocissima sotto l'aeroplano immobile", viene ora consolidata nell'unica estensione di luogo e di tempo.
Infatti Marcella Mencherini, unificando il visto e l'immaginato aggrega nella stessa dimensione tempo - spaziale la dinamicità sia terrestre che aerea, per cui l'aeroplano protagonista - immobile lascia il campo al continuo e frenetico sfrecciare di tanti velivoli che raccordano il cielo e la terra, a dimostrazione che l'impalpabile va d'accordo con il visibile e che l'impercettibile accetta la ponderalità oggettiva, in quanto - con buona pace di Leopardi - Baudelaire - entità linguistiche della stessa unità.


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